(forse) Si.Può.(ri)Fare!

Vivere da sola in Italia, a 25 anni, con 450 euro al mese e a impatto zero.

Pasta madre mon amour !

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Questa è la palla originale di pasta madre.

Finalmente ho un attimo di tempo – ben quindici minuti, se non vado errata – per scrivervi qualcosina e raccontarvi una delle mie ultime fantastiche avventure.

Non vi parlerò dei quattro esami che ho dato – due da 30 e due ancora non si sa – o dell’ultimo giorno di lavoro – che sarà domani – o della notte in cui dimenticai a casa sia il cellulare che le chiavi di casa …

No, vi parlerò di come ti cambia la vita – ma anche no – un mese di pasta madre.

La ricetta della mia prima pasta madre viene da questo sito fantastico e ben fatto.

Però potete anche procurarvela da chi ce l’ha già e iniziare a far lievitare robba-s-stufo una volta a settimana.

A me piace condividere e fare le cose da me, quindi ho coinvolto la mia amica Rosa, quella dei supermercati e ci siamo cimentate in un gran bel viaggio alla scoperta dei liviti !

Se seguite il suddetto procedimento avrete un ottimo risultato di partenza, ma le prime settimane saranno un rinfresco continuo, un annusamento continuo e perplesso, uno scandagliamento di internet perpetuo alla ricerca di modi per utilizzare il magico impasto …

… essò soddisfazioni a nastro !!!

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[presto posterò le altre ricette]

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Il mio nuovo diario e … la mammite acuta.

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Sì, è fatto davvero di CACCA DI ELEFANTE e ne vendono di simili in tutti i negozi del commercio equo e solidale.

Tengo “un” diario dalla quinta elementare: è il mio psicanalista, un ascoltatore incrollabile della mia funesta grafomania, un compagno di viaggio, un album di schizzi, un rivelatore di verità recondite, un data base, un testamento. In realtà questo in particolare l’ho comprato il mese scorsoMa quale giorno migliore della festa della mamma per tirarlo fuori davanti a voi e parlarvi del morbo che mi affligge dalla più tenera infanzia guidando inconsciamente ogni tratto – è il caso di dirlo – della mia vita ?

Io. ho . la . mammite. ACUTA … ACUTISSIMA !

E con “mammite” non intendo un morboso attaccamento alla Mutter o tutto ciò che è contenuto nelle bacheche di tutti i social networks pensabili in questo giorno di fiesta. La mia mammite va verso il futuro. Io ho sempre voluto dieci bambini … minimo. Non ho un istinto materno … ho una pece attaccata addosso che mi fa squagliare e illuminare davanti ai marmocchi e che mi fa fantasticare “accaventiquattro” su quando potrò finalmente permettermi di averne uno mio … anzi, nostro.

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Sì, il Miomone – che non mi aiuta affatto, essendo potenzialmente un Papone meraviglioso – ha un nome … e, sì, il disegno è in scala: le dimensioni sono quelle.

E non solo fantasticare … ho una playlist su youtube in cui infilo tutti i video dei pupi che urlano, si svegliano, dormono, ridono o sputacchiano pappette … provare per credere ! Ho mooolti testimoni del mio perenne sconquassamento di palle del prossimo sul fatto che vorrei un marmocchio, che sono geneticamente a rischio gemelli” e che dopo il primo vorremmo adottare tutti gli altri, e poi abbiamo la lista dei nomi da maschietto, da femminuccia, compriamo un grattaevinci al mese, pensiamo di aprire un crowfounding … e il corredino: guardate il primo pezzo !

Cappello gufetto piccolo

Ebbene … Mi è capitato soprattutto ultimamente che mi chiedessero da dove vengano le mie energie, dove trovo l’entusiasmo di fare la vita che faccio e di sbattermi all’ennesima potenza. Ecco, la risposta è questa: ogni esame che passo, ogni riga di tesi che scrivo, ogni ora di lavoro, ogni problema che supero, ogni euro che risparmio e metto in parte, ogni paranoia che scaccio, ogni frutto biologico che mangio … sono un gradino in più verso un Tu che ancora non c’è “biologicamente” …

c'è nessuno

… Ma non per questo non esiste e non è già pensato e amato più che mai !

 

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Cose che risolvono una giornata: santi in edicola e canzoni.

Qui c’è grossa crisi e poco tempo e si è tutti in cerca di effimeri piaceri e soddisfazioni gratuiti e immediati … ve ne lascio due che mi hanno risolto la giornata.

santi in edicola

E’ sottile … occhio !

E sentite questa.

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Ospita e sarai ospitato !

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A me, l’ho già detto, piacciono le case piene. Di oggetti, di libri, di luci, di colori … ma soprattutto di persone e di persone in transito, portatrici di lingue, culture, giochi e nuovi oggetti, nuovi libri, nuove luci, nuovi colori.

Casa mia – quando ne avrò una – sarà così: una casa con porte e finestre aperte dalle quali chiunque possa entrare e uscire, ricevere e dare, prendere e lasciare. Se devo spiegarlo con una metafora … vorrei che la mia casa respirasse.

Per ora diciamo che sospira una tantum e, ogni volta che succede, non posso fare a meno di convincermi che questa sia la via giusta, il modo migliore, il concetto universale della gestione domestica. E quando sono io a far respirare le case degli altri, la sensazione galvanizzante non è da meno.

Tra l’altro ci sono una serie di ragioni ecologiche ed economiche per farlo … se non bastasse la piacevolezza che di per sé porta l’ospitalità. Intanto una casa piena è una casa il cui impatto è ammortizzato; secondo, nessuno si presenta a casa vostra a mani vuote o, se lo fa, contribuisce alle spese domestiche o riempie il frigo, o compra la carta igienica o vi offre la cena prima di partire, o vi cucina un piatto del suo paese, o vi permette di fare pratica con una lingua nuova, o vi insegna qualcosa che non sapevate … Lo scambio è SEMPRE pari. Almeno fin’ora per me è stato così.

L’ultima volta che sono tornata da Roma, prima della sessione d’esame – ragione per la quale sono stata un po’ silente da queste parti – ho “prenotato” il mio bravo viaggetto con Blablacar. Sono partita la sera da Roma e la ragazza che mi doveva portare e il fidanzato sono arrivati un po’ tardi. Siccome mi avrebbero portato fino a Padova, mi ero già messa d’accordo per andare a dormire casa di amici per dormire e andare a Venezia la mattina dopo e iniziare a lavorare alle 11.30. Siccome l’ospite aveva l’esigenza di andare a dormire entro le due, all’arrivo dei miei trasportatori ho capito che non sarei mai arrivata a Padova entro le due … mentre pensavo questo, Giusy, la ragazza in questione mi ha detto … beh, puoi fermarti da noi ! Ti portiamo in stazione domattina presto !

Io ho detto sì lasciandomi mentalmente la scappatoia di poter cambiare idea lungo il tragitto.

Mentre invece, lungo il tragitto, ho scoperto un personaggio fantastico: una prestigiatrice, attrice e appassionata a un numero indescrivibile di cose. Anche il ragazzo, anche se era stanchino, è riuscito a punteggiare il discorso mentre noi logorroiche ci travolgeramo di chiacchiere a vicenda. Siamo arrivati a casa loro ben oltre le due, in un paesetto di cui ho istantaneamente rimosso il nome. Mi hanno fatto il letto, mi hanno lasciato una stanza con chiave sulla porta – che non ho usato – e la mattina dopo, quando mi sono alzata c’era il tavolo imbandito e i cornetti al cioccolato in forno.

Chi ha altro da aggiungere ?

Dedico questo post a Giusy

Grazie di tutto ! Spero di rivederti presto !

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Orient Experience 2 … bene, bravi, BIS !

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… chiamarlo “lampadario” è un po’ riduttivo … no ?

Vi avevo già parlato di loro, quando avevo recensito L’Orient Experience “1”. Ebbene, lo scorso settembre, la stessa allegra compagnia ci ha deliziati con l’apertura di un secondo locale in Campo Santa Margherita, sona di movida universitaria. Ci ho già mangiato taaante volte … è uno dei complici responsabili del mio pauroso sforamento di budget … e si presenta così.

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 Nome : Orient Experience 2, ma sulla tenda esterna c’è ancora il nome del vecchio ristorante che si chiamava Mi e Ti.

 Tipo: Ristorante (Catering, Asporto e Consegna a Domicilio).

 Indirizzo: Campo santa Margherita 2920, Venezia.

 Prezzo medio per pasto: 8 euro, sì a Venezia.

Altre caratteristiche: vegetarian & vegan OK.

 

Voto: 9mi cascano sulla vendita di cocacacca e simili … però se chiedete il tè caldo lo fanno sempre. Purtroppo è servito anche lui nella plastica – altro problema – ma penso che non possano tenere stoviglie per gli spazi contingentati che impediscono il lavaggio piatti a ciclo continuo. Oltre al cibo – il menù è un po’ più vario all’omologo di Cannaregio – gustoso, abbondante, mai banale ed economico, ve lo suggerisco per l‘atmosfera: i ragazzi e le ragazze che ci lavorano sono simpatici, allegri e disponibili … una vera rarità in questi lidi ! Da non sottovalutare la selezione musicale, sempre attenta al volume … E poi, se vi sentite artisti, andate lì a prendere un té con loro e troverete appoggio e spazio per le vostre opere e per le vostre idee.

A quando l’apertura del terzo locale ?

Altro che Venezia ai veneziani … VENEZIA AGLI AFGHANI !!!

[Guarda come mi becco una querela per incitamento alla guerriglia.]

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Scarpe ecologiche di lusso El Naturalista: verdi “il più possibile””

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Brrr è arrivato l’inverno ! E anche le scarpe per superarlo !

A più riprese ho parlato di scarpe e di piedi, ma date le mie abitudini in fatto di acquisti e data la mia situazione finanziaria in generale, non ho potuto esplorare più di tanto il mondo delle fabbriche di scarpe ecologiche. Per fortuna che esiste questa fantastica consuetudine del dono associato all’antica festa pagana dei Saturnali … ciò mi consente di parlarvi di nuovo di scarpe ecologiche che, ve lo dico già, non sono affatto a basso costo (difficilmente si scende sotto i 100 euro), a meno di trovarle in saldo come pare essere successo a chi me le ha regalate con tanta disinvoltura, ovvero LaMutter.

Ma vediamo co’è che andiamo a comprare:

  • Le scarpe da donna e da uomo sono realizzate in Spagna e in cuoio (niente roba per vegani);
  • La suola è in gomma riciclata su quasi tutti i modelli, ma è abbastanza evidente quando non lo è;
  • Le solette interne sono in microfibra riciclata o di pelle traspirante, ma non viene specificata l’una o l’altra cosa all’interno della confezione;
  • Il packaging è tutto di cartone riciclato;
  • La pelle è lavorata a mano con oli e grassi vegetali “il più possibile”;
  • Usano colla “il più possibile” a base d’acqua per il rispetto della manodopera … il più possibile;
  • I colori sono di tipo organico, ma non sempre, ovvero … il più possibile. Se comprate una roba giallo acido, o blu elettrico la vedo difficile … ma d’altra parte perché si sono sentiti in dovere di produrre un mocasso giallo acido ?
  • I modelli non mi piacciono tutti, anzi, sono più quelli che non mi stanno bene affatto. Però questa è una questione mia: porto 36 e ho un piede finissimo come tutto il resto della mia fisionomia e siccome le loro scarpe tendono “al ciotto”, ovvero al tozzo, mi fanno sembrare un palombaro molto facilmente. Però le mie le adoro !
  • Nella scatola ci sono anche uno zainetto-busta in materiale riciclato e una cartolina per destinare il 2.14% del valore del tuo acquisto a progetti umanitai di vario tipo inserendo un codice sul loro sito.

In generale riguardo all’ambiente prevale la teoria del “Più possibile”, ovvero non è TUTTO verde, tutto controllato, tutto certificato … e, soprattutto, quando mi dici “Il più possibile” non mi stai dicendo in che misura stai facendo ciò che dici di fare. Allora mi scadi un bel po’. Perché c’è gente molto più “piccola” di te che riesce a creare un prodotto equiparabile al tuo, che me lo vende alla metà e che si impegna a fare TUTTO per bene.

Ah, hanno anche accessori di vario tipo (tra cui calzini, per riallacciarci al post precedente) … d’altra parte, oggi come oggi, chi non ha 259 euro da spendere in una borsa ?

Ps: per un commento più puntuale e dettagliato ci sarebbe da leggere la loro politica ambientale o il loro rapporto sulla sostenibilità … ma, hey, sono sotto esame io !!!

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BLOGCOMBO3: Calzini ecologici-equosolidali a 6 euro !!!

Il seguente articolo fa invece parte del modesto bottino di regali che ho fatto a me stessa in quanto impavida sopportatrice di me medesima.

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Sì, esiste anche il calzino ecologico. Esiste quello riciclato, ovvero fatto a mano con lana o cotone riciclato. Esiste quello che te lo passa la tua maledetta sorella che undici anni porta un numero più di te.

Ma oggi vi parlo di quello prodotto in maniera sostenibile, in particolare dal Calzificio Zambelli Pierino, che già il nome fa simpatia. Ho scelto questi calzini in una cesta in cui ce nerano molti altri perché sono stati i primi della mia taglia e non colorati. E confermo che questo metodo funziona.

Sono lavorati in Italia e fatti per l’80% di lana non tinta, e dunque di lana di pecora nera … ho deciso così. E per il 20% di cotone biologico. Se volete informazioni sulla provenienza e le certificazioni basta andare sulla sezione dedicata del loro sito, ovvero cliccare qui.

Io che li ho provati posso dire che sono caldissimi e traspirantissimi … non puzzano MAI ! E si lavano insieme a tutto il resto con una temperatura bassa, oppure a mano con acqua fredda.

Ah, se non vi piacciono, esistono un sacco di altre marche di calze ecologiche pronte a piegarsi alle più svariate esigenze … Date un’occhiata in giro !!!

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La colazione dei campioni: Crema Budwig Mon Amour !

Chi mi ha vista mangiare almeno una volta è stato testimone delle meraviglie del mio metabolismo, ma chi ha avuto l’occasione di fare colazione con me a casa è stato testimone del mio forte attaccamento emotivo al cibo e in particolare al primo cibo che ingerisco dopo una notte di vera e propria astinenza, ovverosia si è reso attore partecipe di quella che io chiamo La Colazione dei Campioni.

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Ingredienti della colazione dei campioni (quella di ieri, perché la faccenda varia): noci, pinoli, semi di sesamo, semi di lino, polline, yogurt, succo d’arancia, limone, marmellata, burro, pane di farro, fiocchi d’avena, miele.

Ho da sempre e continuamente fame, e la fame è brutta. Ogni due ore e mezza si affaccia QUELLA sensazione alla bocca dello stomaco, figurarsi quindi cosa succede al mio smilzo organismo quando lo lascio a digiuno per sette ore di fila ! Si ribella: non è raro che io mi alzi dal letto la mattina sospinta dalla fame ed è praticamente la regola, per me, consumare cinque pasti al giorno: la colazione, la seconda colazione, il pranzo, la merenda, la cena. Se resto alzata oltre le undici, quindi praticamente sempre, spizzico qualcosa anche dopo cena. Di tutto il cibo che ingerisco quello fondamentale alla riuscita della mia giornata è però, ripeto, LA COLAZIONE.

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Chiaramento il succo di frutta viene all’occorrenza sostituito con tè, caffè, orzo, cioccolata calda (con latte di soia o riso) …

Appena iniziate le lezioni universitarie a Venezia è sorto un ulteriore problema: una volta arrivata e lezione, dopo 30-40 minuti di corsa su e giù pe’i ponti con zero gradi e pioggia a secchi … avevo di nuovo fame ! E non ero affatto in grado di aspettare metà mattinata per ri-mangiare, quindi mi sparavo subito lo spuntino e poi alle 10 mi compravo qualcosa in giro, perché a quel punto la fame arrivava di nuovo. Guardate che è brutto essere affamati cronici !

La soluzione mi è stata indirettamente suggerita più volte, ma ho potuto sperimentarla in prima persona solo quest’estate a casa di Miasuocera, ed è La Crema Budwig. In realtà, quella che mangio io è più una derivazione della dottoressa Kousmine che ha modificato la ricetta della dottoressa Budwig … raddoppio gran parte delle dosi, eppoi ci butto in mezzo sempre qualcosa di sugnoso perché sennò mi sparisce il ciclo. Ringrazio – anche se sono un po’ troppo fondamentalisti e parlano troppo spesso di “indispensabilità”, per i miei gusti – il sito Kousmine.net perché è da lì che ho prendo spunto ogni volta che la preparo, perché diciamolo, non è che uno lo faccia TUTTI I GIORNI … Diciamo che però ce l’ho sempre in mente e cerco di assumere le varie componenti durante la giornata, anche senza frullarle – basta un macinino da caffè o un frullatore di qualsiasi tipo: io ne avevo uno in casa – per forza tutte al mattino.

Ebbene, eccovi gli ingredienti in edizione commentata:

Semi oleosi: acidi grassi polinsaturi omega 3 e omega 6 + proteine = un cucchiaio e mezzo di semi di lino macinati e/o frutta secca oleosa come mandorle nocciole e noci.

Una banana o 1 cucchiaino di miele: (danno zuccheri rapidi, potassio e fibre solubili) soprattutto se non andate pazzi per i sapori aciduli, andategi giù pesanti col miele.

Un frutto di stagione: carboidrati ad indice glicemico medio basso, vitamine e fibre = io questo non ce lo metto perchè mi piace mangiare la frutta a morsi e poi sennò ci metto troppo a finirlo. Portatevela dietro la frutta ! Ah, tranne le fragole e le ciliegie … quelle ci stanno benissimo a pezzi !

Mezzo limone, succo o intero: acido citrico e vitamine = Se consumato con la buccia (bio!) è meglio. Questa è la parte che mi piace di più.

Cereali crudi finemente macinati: zuccheri lenti, auxine (secondo la Kousmine fattori di accrescimento cellulare) e fibre non solubili = un cucchiaio di orzo, riso, grano saraceno, avena farro. Personalmente uso quelli in fiocchi che sono più facili da macinare.

Yogurt o tofu o ricotta magra: (proteine di qualità) Di tofu ne bastano 75 gr, lo yogurt sarebbe un vasetto – io uso sempre lo yogurt che faccio io – e ci vorrebbero 100 grammi di ricotta … ma tofu e ricotta costano troppo per essere mangiati tutti i giorni ! Si possono sostinuire questi alimenti con 100 grammi di facioli cannellini o ceci, ma questa variante non l’ho mai sperimentata.

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La foto è venuta un po’ schifa … però secondo me rende l’idea.

N.B. La Budwig può essere anche salata, per esempio:

• lino, avena, pomodoro (100 gr), una gamba di sedano, yogurt, uno scalogno, un pizzico di sale

• lino, riso, una grossa carota, una manciatina di prezzemolo, ricotta magra, mezza mela, pochissimo sale.

Qui non ho fatto esperimenti … anche se penso che d’estate questa versione potrebbe fungere da sostituto del Gazpacho, che è un’altra delle mie droghe preferite. Ve lo dico a giugno !

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Venite a conoscerLE! 30 Novembre 2013, Bologna

Venite a conoscerci! 30 Novembre 2013, Bologna.

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I’m a Prosumer: lo yogurt con la yogurtiera di seconda mano!

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Questa è la mia yogurtiera, ma senza i vasetti, visto che sono in frigo … A ‘BBONA !

Quando circa un mese fa ho fatto la mia brava ammenda della sconfitta e mi sono messa in testa di riproporvi la mia impresa in chiave potenzialmente vincente, ho parlato di una mia possibile deriva autoproduttiva … ebbene, il primo frutto delle mie fatiche riguarda un alimento che consumo in pratica quotidianamente: lo yogurt.

Dal punto di vista alimentare niente da eccepire: più digeribile del latte, affrancatore di flore intestinali ribelli e sregolate, lavorazione minima, materie prime biologiche facilmente reperibili. Per quanto riguarda l’impatto ambientale c’è il problema del packaging prevalentemente plasticoso, se non di vetro una tantum, ma con tappo in plastica e cartone attorno; i trasporti e la produzione di tipo industriale.

Se si considera, come dicevo, un consumo abbastanza spropositato dello stesso, il tutto andava ulteriormente a scontrarsi con la mia personale storia finanziaria: pur acquistando quasi sempre quello bianco e biologico, l’hanno scorso ho speso in yogurt esattamente un fracco.

Ma ho denunciato la cosa da subito, specificando lo stesso come spesa verde dal primo conteggio mensile … eppure mi ci è voluto un anno buono di esperimenti per trovare la quadra più soddisfacente. Perché prima, come dice Greg, c’era qualquadra che non qualcosava.

Ebbene, ora vi spiego tutti gli esperimenti che ho e non ho condotto in modo che ognuno di voi possa decidere eventualmente di autoprodurre lo yogurt, se è uno yogurt-addicted come me, ma anche se non lo è. La regola n.1, in ogni caso è: Non ti fidare.

  • Di chi comincia con “Gua’, è davvero una cazzata che si fa in cinque minuti.”
  • Di chi abusa degli -issimi: facilissimo, densissimo, cremossissimo, rapidissimo …
  • Di chi usa dosi, misure, temperature e orari soggetti in maniera puntuale al circa, al qualche, al sufficientemente, al quanto basta, al più o meno e al qualsiasi.

Fare lo yogurt è CHIMICA, e la chimica non perdona !

1. Esperimento uno che non ho condotto: fare lo yogurt senza yogurtiera_ Ho letto tutti i procedimenti possibili, ci ho riflettuto per nottate intere, ma in un anno non ho mai avuto il coraggio di correre il rischio di buttare un litro di latte e uno yogurt per giocare alla casa nella prateria. Vi spiego. La ricetta base prevede che si scaldi un litro intero biologico di latte a 37 gradi. E già qui, mi hai detto cazzi: i termometri da liquido sono diversi da quelli da ascella o da balcone … ma mica te lo vengono a dire prima ! Quindi, dopo aver presumibilmente già buttato un litro di latte e un vasetto di yogurt, ti devi procurare questo coso che costa circa sui 7-8 euro. Poi devi prendere sei vasetti di vetro di eguale grandezza – fattibile per chi mangia yogurt a vagonate – e suddividere in essi il contenuto di un vasetto di yogurt biologico di partenza, aggiungendo il latte scaldato e mescolandolo. Altre scuole prevedono lo scioglimento di quest’ultimo direttamente nel latte in modo che entrambi siano a 37 gradi, cosa che col senno di poi mi sembra più plausibile. Ma d’altra parte secondo altre ricette i vasetti di yogurt di partenza vanno dai 3 ai 4 e per altri sono due più i fermenti lattici – non è dato sapere quali e quanti- da acquistare in farmacia … la scienza si fotta, in poche parole. Infine: quando avete deciso quanto yogurt mettere e quando aggiungerlo al latte e quale dei liquidi debba essere a quale temperatura, prendete – GIURO ! – una coperta di pile o di lana, avvolgete i barattolini sigillati nella stessa e mettete il tutto in un forno spento per 8 ore. Non è dato sapere da quanto il forno debba essere spento, né a che temperatura dovesse essere il forno prima di essere spento, o perchè diamine io sia costretta a cucinare qualcosa al forno per poi spegnerlo e farmi lo yogurt, oppure il fatto che qui al nord un forno spento resta “sufficientemente caldo” per tre minuti forse, ma di sicuro non per otto/nove/dieci/dodici ore. Insomma. No.

2. Secondo esperimento che non ho condotto il kefir_ Dopo aver letto – come farete voi, che sennò ‘sto post diventa una Treccani – questo articolo della mitica Lisa Casali, mi ero quasi convinta e avevo una gran voglia di trovare ‘sti granulini dell meraviglie. Poi una mia amichetta altrettanto mitica, che si chiama Carolina, li ha provati e, nonostante il suo contagioso entusiasmo, ho capito che la cosa non faceva davvero per me. Almeno non lo era un mese fa perché avevo ancora una vita che mi permetteva di allontanarmi da questo luogo infausto per un paio di giorni a settimana e trovare rifugio a Trieste o addirittura a Roma. Ovvero: quei cosi vanno filtrati ogni giorno e io sono fortemente allergica alla routine quotidiana. Lascio comunque la questione in sospeso perché, appunto, data la nuova scansione delle mie settimane – che non mancherò di raccontarvi – la cosa potrebbe diventare sperimentabile. Tantopiù che i grani si moltiplicano e la CaraCaru potrebbe sponsorizzarmene un po’ dei suoi !

3. Yogurtiera mon amour: yogurt vegano e non_Date le mie perplessità sul primo metodo e l’apparente impossibilità iniziale di regalarmi il piacere del kefir, ho iniziato a ponderare l’idea di procurarmi una yogurtiera. Chiaramente acquistarla in un negozio di elettrodomestici era semplicemente fuori questione. Una yogurtiera da sei nuova si trova anche a una ventina di euro, ma diciamocelo è un elettrodomestico plasticone che va a corrente e che è spesso prodotto da aziende multinazionali: what a shame ! Quindi mi sono orientata sul baratto, facendo riferimento a diversi siti che ho elencato qui, ma i possessori di yogurtiere desideravano sempre cose che non io avevo o che non avevo intenzione di barattare. Allora ho allargato la ricerca ai canali romani del mercato di seconda mano e la Miameravigliosasorella ha trovato la Miameravigliosa yogurtiera da sei con termometro liquido incluso a QUATTRO EURO in un negozio della catena Il Mercatino. Da che mi sono trasferita nuovamente a Venezia l’ho usata una volta a settimana con latte e yogurt di ogni tipo per trovare la quadra perfetta e questo è quello che io ho scoperto circa la mia yogurtiera e che può forse tornarvi utile per i vostri esperimenti:

Yogurt_pentolino

  • Il procedimento di base prevede: sciogliere lo yogurt nel latte a freddo con una cucchiara forata, scaldare il liquido così ottenuto fino a una temperatura ottimale che varia dai 35 ai 40 gradi, trasferire il contenuto nei vasetti, accendere la yogurtiera per 8 ore (ha il timer che si spegne da solo, quindi io la faccio andare di notte) e mettere i vasetti in frigo.
  • Il risultato più solido l’ho ottenuto con latte biologico Granarolo – incautamente acquistato dal Miomone – e yogurt bianco non biologico della Vipiteno.
  • Ora uso latte biologico intero della Coppe e yogurt bianco biologico della Coppe e benché il risultato, come potete vedere dalla foto è tutt’altro che pastoso, continuerò così o al massimo cambierò latte perché non voglio più comprare vasetti di yogurt di partenza … sennò ‘sta partenza nun parte mai !

Yogurt

  • Ho sperimentato anche lo yogurt di soia per accontentare il mio coinquilino intollerante al lattosio e lo sconsiglio caldamente. Intanto i siti e i blog che ne suggerivano la ricetta sono l’apogeo delle suddette categorie malfidate: è tutto facilissimo e mooolto meglio della variante non vegana, chiaramente. Lo yogurt di soia – 2 euro per 400 gr che ho usato interamente credendo erroenamente di dare più fermenti alla causa – di partenza faceva abbastanza schifo, in più dopo otto ore era praticamente liquido, l’ho tenuto sù altre quattro ed è venuta fuori una stracciatella così disgustosa che per finirla ci ho dovuto mettere di tutto in modo da coprirne il sapore. Chiaramente è anche molto più costoso, perché sia il latte di soia biologica e non transgenica, sia lo yogurt mica li regalano. Secondo i vari forum l’unico errore che posso aver commesso è di non aver controllato che gli unici ingredienti dello yogurt fossero “latte di soia e fermenti” … ma, anche qui, DIRLO PRIMA NO???
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