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Oggi è il primo giorno di digiuno rituale del 2012.
E’ all’incirca un mese che faccio preparazione “atletica” per riuscire ad arrivare sana di mente al tramondo e non ammazzarmi di schifezze subito dopo fino alle 3 del mattino. Inoltre il mese di preparazione atletica è utile anche a ripetere l’operazione una volta a settimana, solitamente il venerdì, evitando di commettere esserumanicidi.
Ma facciamo un passo indietro: io sono alta un metro e sessanta putativi in eccesso e peso 45 putativi in difetto … anzi, facciamone due di passi indietro … la vedete quella lassù ? Quella è la tavola di casa mia il giorno di natale. Non ho parlato molto del natale, diciamo per niente, diciamo che non avere internet mi ha risparmiato dall’annaffiare di banalità questo spazio e quindi non inizierò a farlo neanche adesso, perchè la tavola natalizia non è altro che uno strumento per introdurre al tema “Il ruolo del cibo all’interno mia famiglia”(e altri animali). Il cibo è padre, madre, nonni, zii, affetto, colla, scuse, perdono, premio, punizione, virtù, libertà, gabbia e gloria nell’alto dei cieli.
Da parte materna abbiamo Lacalabbria: un peso medio di circa 100 chili, bypass cardiaco a meno di 50, colesterolo alle stelle, allattamenti al seno quadriennali, zie delle dimensioni di un cubo, bambini di 2 anni che pesano come vitelli e ne riprendono tratti somatici e abitudini. In questo mondo satinato di grassi sei, non tanto quello che mangi, ma QUANTO mangi. E per quanto ti sforzi di ingollare il tuo peso in frittelle di fiori di zucca, mangerai sempre POCO ! POCHISSIMO ! E ti muoverai “chroppu”: davanti ai bambini di 6 anni che scendono le scale un gradino per volta con una lentezza bradipica e tenendosi al mancorrente la reazione generale è: “Fermu ca cadiiiiii !”.
Il verdetto è dunque unanime: io che sono magra sono in realtà “‘mmalata”, sto morendo e non avrò “figghi” … e ancora non hanno saputo che sono vegetariana … anzi, no, una mia zia-cubo mi ha visto mangiare un piatto di pasta (i miei bravi 120 grammi), mezza frittata, un piatto di spinaci, due fette di pane e una mela: si è girata sconsolatissima verso mia madre e ha piagnucolato “Chissa’un mangia’nnenti !”
Dall’altra, parte paterna, abbiamo una mistura di marchigiani, veneti e romani. I marchigiani sono abbastanza tirchi da nascondersi dietro il “Si mangia ciò che c’è”. La bisnonna veneta trapiantata a Roma dalle risaie con furore pronunciò la storica frase che da il titolo a questo post, perchè non aveva da dar da mangiare ai suoi quattro figli e del bisnonno romano si parla poco perchè è uno degli imprecisati suicidi della mia famiglia. Il mio humor nero mi fa immaginare che sia uscito di casa dopo che la nonna ebbe pronunciato la suddetta frase, abbia camminato fino al Tevere e si sia buttato di sotto, stanco di vivere a digiuno. A queste nobili radici si aggiungono gli influssi dei parenti acquisiti e il risultato è che si deve mangiare quello che c’è, rigorosamente porzioni egregie per i maschi e miserrime per le femmine, ma io ho tutti cugini maschi e, reduce dalla Calabbria, mi sono da subito adeguata alle loro porzioni. Però si mangia minimo 5 volte al giorno con orari romani (08-10.30-14.30-17.30-20.30), velocemente e finendo tutto fino a lucidare il piatto co’nabbella fetta de pane, che sfama. Credo sia questa la chiave del nostro poderoso metabolismo: siamo tutti ultramagri e non ingrassiamo neppure volendo, ma,soprattutto i maschi, sviluppano problemi tiroidei e colesterolici già verso i 45 anni.
In tutto ciò, mi è capitato di avere 12 anni e l’apparecchio ortodontico nei primi anni 2000, quando le modelle anoressiche erano state ufficialmente messe al bando e i giornali scandalistici della sala d’aspetto del mio dentista declamavano le bellezze della coscia cellulitica, la femminilità della curva, l’appetibilità del grasso … e io che ero un rettangolino da davanti e una linea di profilo, martellata sin dall’infanzia, avevo finalmente un nome da appioppare alla mia “malattia”: ero “Noressica”. Così, complici un paio di ciniche amichette con qualche chilo in più, ho sviluppato una forma molto creativa di bulimia: mi sfondavo di cibo cercando disperatamente di ingrassare. Epperò il mio fisico è sempre stato estremamente reattivo alle stronzate e la mia testa lo è sempre stata riguardo ai reclami in forma liquido-biliosa che il suddetto le mandava, perciò, dopo la seconda o la terza vomitata da indigestione ho fanculizzato le “amichette” e la “famigghia”, ho trovato dei simpaticissimi amici maschi con cui arrampicarmi sugli alberi e sui ruderi del parco invece di fare lo struscio sulla via commerciale e ho iniziato ad accettarmi così come sono e soprattutto a proteggermi dagli altri e in particolare dalle altre … perchè davanti a un “Non ho mai avuto la cellulite”, una donna è capace di tutto.
Ebbene, veniamo al digiuno. Ho voluto quantificare il mio modo di mangiare avendo il vago sospetto di ingurgitare molto più di quanto in realtà mi servisse. Il fabisogno di una donna del mio peso relativo e con un cosiddetto “stile di vita attivo”, necessita giornalemte di circa 1700-1800 calorie. Ho fatto il calcolo per una settimana e assumo in media 3000 calorie giornaliere. Avevo le prove di dover ridimensionare la cosa, i motivi li avevo già da prima:
– Impronta ecologica (putroppo, anche il cibo biologico, biodinamico e di produzione integrata locale almeno un po’ inquina)
– Costi (il cibo biologico, biodinamico e di produzione integrata locale … COSTA !)
– Necessità di riposo da parte del mio apparato digerente che lavora praticamente senza interruzioni, se non quando dormo.
– Volontà di sviluppare la capacità di resistenza alla fame, soprattutto resistenza psicologica, per più di due ore e mezza. Vi dico solo che la prima volta che ho fatto l’intera giornata e ho detto trionfante al Miomone “Dal tramonto ad ora ho mangiato un mandarino e basta !”, il piccino ha spalancato gli occhi e con voce tremante, temendo che vedessi la sua testa a forma di pasticcino e che fossi pronta a staccargliela con un morso. ha accelerato dicendo “Appena arriviamo a casa ti scaldo la pasta di oggi e mangi subito subito, eh ?”.
– Depurazione
– Emulazione Gandhiana e non solo
– E SOPRATTUTTO: conoscere la fame per capire empiricamente e piantarla di riempirmi la bocca senza cognizione di causa. Se no finisco come quelle dame della carità che organizzano “La cena sulla fame in Africa” …
Così ho iniziato ad eliminare le due merende. Poi il pranzo, e qui ci ho messo un po’ ad abituarmi … la prima volta volevo disperatamente qualcuno con cui litigare. Poi la colazione. Bevo soltanto: orzo, tisane, succhi di frutta, una volta un cappuccino, ma mi ha stomacato un po’. Gradualmente, come si confà alla mia natura. Ho notato i cambiamenti che in una persona che abbia una storia alimentare diversa dalla compaiono al secondo o terzo giorno di digiuno già nel primo pomeriggio: si acuiscono i sensi, soprattutto l’olfatto, come se il tuo corpo volesse aiutarti a trovare il cibo che non gli stai dando. Anche la mente è più loquace … forse per lo stesso istintivo motivo o forse perchè così ti concentri su altro e dopo un po’ alla fame non ci pensi più, se non in termini assoluti o relativi a qualcun altro. La giornata sembra più lunga perchè effettivamente dedichiamo al cibo una cospicua porzione di tempo ogni giorno … devo ammettere che quel mandarino mangiato al tramonto del mio primo giorno intero di digiuno era effettivamente il più buono che abbia mai mangiato ! D’altra parte il tramonto si andrà allontanando sempre più dalle ore 17 e finirà col combaciare con le ore 21 … e lì saranno cazzi Fernet. Non so se riuscirò mai ad arrivare alle 24 ore, ma il mio ideale sarebbe quello di fare almeno una volta l’anno un digiuno di qualche giorno.
Di tutto ciò a casa non sanno niente. E’ chiaro.